Ancora a spasso nel sottosuolo di Napoli

Il tunnel borbonico

E un altro tassello si aggiunge alla storia del sottosuolo napoletano che, con le sue immense cisterne scavate nel tufo, gli stretti cunicoli e le splendide catacombe, rappresenta una delle zone più suggestive ed affascinanti della città.
Forse infatti non tutti lo sanno, ma nell’ottobre 2010 è stato riaperto il Tunnel borbonico, antico percorso militare realizzato dall’architetto Errico Alvino su committenza di Ferdinando II di Borbone, per consentire alle truppe reali di raggiungere, in caso di pericolo, la zona portuale passando dal Monte Echia. Un progetto assai ambizioso, ma mai portato a termine a causa di impedimenti burocratici.
Liberato dalle macerie e dai detriti del tempo grazie all’impegno di due geologi (Gianluca Minin ed Enzo De Luzio) e numerosi volontari, oggi il tunnel è finalmente accessibile e riserva ai suoi spettatori uno spettacolo davvero unico, in cui il racconto storico si arricchisce via via di curiosi ed interessanti aneddoti. Per chi volesse partire alla scoperta di questo prezioso patrimonio, il viaggio ha inizio in Vico Del Grottone (alle spalle di Piazza Plebiscito), proprio laddove fino a poco tempo fa vi era uno studio veterinario che, all’insaputa di tutti, celava una meravigliosa scala settecentesca che, con i suoi 90 gradini, conduce ad un mondo tutto da scoprire, intriso di storia e di magia.

Prima incredibile andirivieni dei cosiddetti “pozzari”, addetti all’approvvigionamento idrico che si calavano nei pozzi aggrappandosi ad una serie di gradini scavati nelle pareti; dopo un sicuro ricovero antiaereo durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

A ricordare gli interminabili momenti d’angoscia vissuti dai rifugiati, alcuni preziosi graffiti che invocano l’aiuto della Vergine affiancati ad altri che infondono invece grande speranza, come quello ancora ben leggibile “NOI VIVI”, datato 26 aprile 1943, allarme delle 13,20.

Insomma, un viaggio davvero avvincente attraverso la storia sotterranea del popolo napoletano, ma anche un’occasione incredibile per gli appassionati di “archeologia industriale”: statue del periodo fascista, auto e moto d’epoca unite ad altri curiosi cimeli.

Un interessante scorcio di un passato, forse poi non così lontano.

Informazioni pratiche

L’Associazione culturale “Borbonica sotterranea” organizza visite guidate tutti i venerdì, sabato, domenica e festive nei seguenti orari: 10.00 / 12.00 / 15.30 / 17.30.
L’ingresso si trova in Vico del Grottone (nei pressi di Piazza Plebiscito).
Per maggiori dettagli, visitare il sito: www.tunnelborbonico.info

Il Cimitero delle fontanelle e il culto delle anime “pezzentelle”

Ma restiamo ancora un po’ all’interno delle cavità tufacee di Napoli per esplorare un’altra suggestiva realtà, dove il sacro si mischia curiosamente al profano e i vivi restano in contatto con i morti.
Si tratta del Cimitero delle fontanelle, il celebre ossario del Rione Sanità nato per ospitare i resti delle vittime della terribile epidemia che nel 1656 devastò Napoli e di tutti coloro che non potevano permettersi una degna sepoltura.

La grande devozione popolare nei confronti del Cimitero delle fontanelle ha portato poi alla fioritura di un’usanza davvero particolare, quella delle cosiddette “anime pezzentelle” che venivano adottate in cambio di grazie e piccoli favori. Le richieste più “gettonate” oltre alle guarigioni miracolose, le vincite al gioco come dimostra questo messaggio rinvenuto in uno dei teschi:

“Anima bella venitemi in sogno e fatemi sapere come vi chiamate. Fatemi la grazia di farmi uscire la mia serie della cartella Nazionale. Anima bella fatemi questa grazia, a buon rendere…

Ciascun fedele sceglieva la propria “capuzzella”, cioè il teschio, la ripuliva con cura, le dava un nome, la confortava col “refrisco” (una preghiera di sollievo dalle pene del Purgatorio) e innalzava in suo onore un altarino adornato di lumini e rosari.

Ecco cosa racconta a riguardo Roger Peyrefitte (in “Dal Vesuvio all’Etna”, 1954):

“La scelta di un teschio non si fa alla leggera. La gente cammina lentamente da una parte all’altra delle gallerie, scruta quei tristi avanzi di morti; ad un tratto si ferma, si china per prendere un teschio, l’esamina da tutte le parti, lo gira e lo rigira, lo palpa, lo soppesa e l’annusa. Segue subito dopo la ripulitura. Ho visto alcune giovani donne procedervi con un’arte casalinga: spazzolatura, pulitura con alcol, lucidatura con cera da mobili”.

Attraverso questi attenti passaggi rituali, la “pezzentella” entrava ufficialmente a far parte della famiglia, coccolata e venerata almeno una volta la settimana.

Ma nel caso l’anima pezzentella prescelta non dispensasse le grazie invocate, l’adottante non esitava ad assumere un atteggiamento ostile ed incurante giungendo, nei casi estremi, a ripudiarla con sdegno e a ricercare subito una “valida sostituta”, con la quale cominciare la stessa trafila.

La tradizione vuole che, avvenuta la grazia, il teschio cominciasse a sudare manifestando così la propria intercessione con il mondo dei vivi. In realtà si tratta, molto più banalmente, di gocce di condensa dovute all’elevato tasso di umidità.

Ma Napoli è bella anche per questa strana miscela di realtà e credenze popolari.

Oggi il Cimitero delle fontanelle, dopo lunghi lavori di riqualifica, è nuovamente aperto al pubblico, per la gioia dei turisti e… delle anime “pezzentelle”!

Informazioni pratiche

Per raggiungere il Cimitero delle fontanelle scendere alla fermata Materdei della Linea Metropolitana 1 e proseguire per un breve tratto a piedi.

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